03 febbraio 2012

Neanche gli spaccavetrine si meritano la sommarietà con cui trattano CL



Chissà perché quelli di Cl non sono ancora rappresentati con la croce gialla cucita sul petto. Franco Monaco, che è un deputato bindiano intimo del cardinal Martini, sembra augurarselo dalle colonne di Repubblica. L’occasione è ghiotta: il nuovo cardinale e arcivescovo di Milano, Angelo Scola, che, consapevole di «darmi la zappa sui piedi», in un incontro con i giornalisti milanesi si è sentito in dovere di precisare che, pur essendo stato allievo di don Giussani, egli adesso non ha più nulla a che fare con quel movimento. Tanto meno con le eventuali “marachelle” di qualche suo aderente. Questa “presa di distanza” è spiegabile anche per i “segnali” che vengono da compitini sbagliati e ricicciati di cui abbiamo già scritto la settimana scorsa. Compitini, come quello di Sette, la cui attendibilità è già nella black list dei vescovi messi in quota Cl (uno è morto nel 1995) e nei titoli: “Comunione e Liberazione vanta una rete di 36 mila aziende per un giro d’affari di 70 miliardi” (l’articolo poi si corregge – in peggio – addebitando giro e affari alla Compagnia delle Opere, la quale però è un’associazione di imprese: è come scrivere che “Confindustria è una multinazionale”).
Detto ciò, è tutto serio. Serio l’attacco politico a Roberto Formigoni. Serio che L’Espresso legga carte d’inchiesta riguardanti persone con nomi e cognomi come “Cl”, così come negli anni Settenta scriveva che «Cl è pagata dalla Cia». Serio che non si arrivi nemmeno più a ricordare, come rispose don Carrón al Cazzullo inquisitorio, che la responsabilità dei propri atti è personale, e nessuno, neanche la buona stampa pisapiana, dovrebbe permettersi di criminalizzare un intero movimento. E poi, che strane cose accadono: chi sfascia tutto ha diritto a giudizi e giudici comprensivi. Chi costruisce quel poco di buono che resta in Italia, è un paria.


(di Luigi Amicone - tratto da "Tempi")

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