15 febbraio 2012

Celentano fa il tribuno e perde la testa

Nessuno avrebbe mai pensato di bombardare il teatro Ariston, durante Sanremo. Soprattutto di discorsi biliosi. Celentano, invece ha pensato di travolgere Sanremo in un delirio di onnipotenza: e chi se ne importa dei colleghi artisti, della gara (che all’inizio si è pure inceppata) di Morandi, Papaleo e di tutto il Festival.

Nel bel mezzo della gara, suonano le sirene, Morandi scappa dal palco, l’Ariston si trasforma in un campo di battagli tra colpi di mitra, bombardamenti aerei, feriti, gente che fugge dal teatro. Poi appare lui, rosso in viso, in trench e cravatta a righe. E lascia basiti. Comincia a fare la predica ai preti perché «morire se la predica si capisse perché non sanno regolare l’audio negli altoparlanti. Sembra quasi che i preti dicano: noi la predica l’abbiamo fatta poi chi se ne frega se gli ultimi in fondo non sentono. Il Vangelo è stato chiaro, beati gli ultimi, perché saranno nel regno dei cieli». Poi sostiene di non sopportare neanche i frati «perché nei loro argomenti e dibattiti tv, non parlano mai della cosa più importante: il motivo per cui siamo nati. Insomma, non parlano mai del Paradiso. Danno l’impressione che l’uomo sia nato solo per morire».

Poi, ecco la sua vendetta contro chi ha «osato» fare delle pacate e civilissime critiche sulla sua decisione di dare il suo cachet in beneficenza. Celentano non perdona. E attacca a testa bassa: «Giornali inutili come Avvenire e Famiglia Cristiana andrebbero chiusi definitivamente perché si occupano di politica e di beghe del mondo anziché di cose confortanti che Dio ci ha promesso». E viene il serio dubbio che Celentano non li abbia mai letti davvero. Ma lui non vede e non sente. Vuole vendicarsi e lo fa (tanto la Rai gli ha dato carta bianca): «Avvenire e Famiglia Cristiana sono testate ipocrite come le critiche che fanno a uno come don Gallo che ha dedicato la sua vita per aiutare gli ultimi». Ora che si è sfogato, Celentano, fra una cantatina blues, e una vecchia hit, si incarta tristemente in discorsi sull’alta velocità, sul referendum bocciato dalla consulta e in una penosa gag su destra e sinistra con Pupo e il povero Morandi. Poi si lancia in una filippica a favore del martirio di Gesù e intona, come avevamo previsto, Il forestiero, basato sul Vangelo della Samaritana. Mentre ancora sta parlando su Facebook, Twitter e sui blog monta la protesta. E fiocca la solidarietà per i giornali cattolici per i quali Celentano ha chiesto la chiusura.

«Per fortuna i giornali non dipendono da Sanremo e ancor meno da Celentano le cui battute senza senso fanno ridere chi può godersi Sanremo ma non cambiano un paese che ha bisogno oggi più di ieri di giornali di idee e di identità come Avvenire e Famiglia Cristiana ma anche di tanti altri che sono l’opposto e il contrario». Lo dice il segretario della Fnsi Franco Siddi, commentando le parole di Celentano a Sanremo. «Questa volta neanche per paradossi si riesce a dare un senso a quello che un grande artista come Celentano dopo tanta attesa dice. Ha perso il senso che in altri tempi sapeva invece recuperare. Per fortuna le bussole sono altre», conclude Siddi.

Immediata solidarietà anche dal Movimento Liberi Giornalisti, componente rappresentata sia al Consiglio dell’Ordine dei Giornalisti, sia nella FNSI (il sindacato unico dei giornalisti).

Angela Calvini, tratto da "Avvenire"

Se l’è presa con i preti e con i frati (tutti tranne uno) «che non parlano del Paradiso». E se l’è presa con Avvenire e Famiglia Cristiana «che vanno chiusi». Tutto questo, perché abbiamo scritto che con quel che costa lui alla Rai per una serata si potevano non chiudere le sedi giornalistiche Rai nel Sud del mondo (in Africa, in Asia, in Sud America) e farle funzionare per un anno intero. Dunque, andiamo chiusi anche noi. Buona idea: così a tutti questi poveracci, tramite il Comune competente, potrà elargire le sue prossime briciole di cachet. Davvero un bello spettacolo. Bravo. Viva Sanremo e viva la Rai.
P.S. Naturalmente, caro Celentano, continueremo a parlare e far parlare di Dio, degli uomini e delle donne di questo mondo. Soprattutto di quelli che in tv non ci vanno mai, neanche gratis
.

Di Marco Tarquinio, direttore di "Avvenire"

Nessun commento: