03 ottobre 2011

Quella parole del Papa frettolosamente archiviate




Domenica 25 settembre, giornata conclusiva del suo terzo viaggio in Germania, Benedetto XVI, incontrando i «cattolici impegnati nella Chiesa e nella società» alla Konzerthaus di Friburgo, ha pronunciato un discorso per certi versi più dirompente e «storico» rispetto a quello tenuto tre giorni prima davanti al Bundestag di Berlino.


Ecco alcuni passaggi del discorso di Papa Ratzinger, che partiva dalla constatazione della diminuzione della pratica religiosa e dalla domanda su quale fosse il cambiamento e il rinnovamento necessario per la Chiesa, che «deve sempre di nuovo verificare la sua fedeltà» alla missione affidatale: essere testimone, fare discepoli tutti i popoli, proclamare il Vangelo a ogni creatura. Per compiere la sua missione, la Chiesa «dovrà anche continuamente prendere le distanze dal suo ambiente, dovrà, per così dire, essere "demondanizzata"». La Chiesa «Non possiede niente da sé stessa di fronte a Colui che l’ha fondata, in modo da poter dire: l’abbiamo fatto molto bene! Il suo senso consiste nell’essere strumento della redenzione, nel lasciarsi pervadere dalla parola di Dio e nell’introdurre il mondo nell’unione d’amore con Dio. La Chiesa s’immerge nell’attenzione condiscendente del Redentore verso gli uomini. Quando è davvero se stessa, essa è sempre in movimento, deve continuamente mettersi al servizio della missione, che ha ricevuto dal Signore. E per questo deve sempre di nuovo aprirsi alle preoccupazioni del mondo, del quale, appunto, essa stessa fa parte, dedicarsi senza riserve tali preoccupazioni, per continuare e rendere presente lo scambio sacro che ha preso inizio con l’incarnazione». «Nello sviluppo storico della Chiesa si manifesta, però, anche una tendenza contraria: quella cioè di una Chiesa soddisfatta di se stessa, che si accomoda in questo mondo, è autosufficiente e si adatta ai criteri del mondo. Non di rado dà così all’organizzazione e all’istituzionalizzazione un’importanza maggiore che non alla sua chiamata all’essere aperta verso Dio e ad un aprire il mondo verso il prossimo». «Per corrispondere al suo vero compito, la Chiesa deve sempre di nuovo fare lo sforzo di distaccarsi da questa sua secolarizzazione e diventare nuovamente aperta verso Dio». Benedetto XVI ha quindi accennato agli effetti positivi che hanno avuto nel corso delle storia certe «secolarizzazioni» e certe perdite di potere per la Chiesa: «Le secolarizzazioni infatti – fossero esse l’espropriazione di beni della Chiesa o la cancellazione di privilegi o cose simili – significarono ogni volta una profonda liberazione della Chiesa da forme di mondanità: essa si spoglia, per così dire, della sua ricchezza terrena e torna ad abbracciare pienamente la sua povertà terrena. Con ciò condivide il destino della tribù di Levi che, secondo l’affermazione dell’Antico Testamento, era la sola tribù in Israele che non possedeva un patrimonio terreno, ma, come parte di eredità, aveva preso in sorte esclusivamente Dio stesso, la sua parola e i suoi segni. Con tale tribù, la Chiesa condivideva in quei momenti storici l’esigenza di una povertà che si apriva verso il mondo, per distaccarsi dai suoi legami materiali, e così anche il suo agire missionario tornava ad essere credibile». «Gli esempi storici mostrano che la testimonianza missionaria di una Chiesa "demondanizzata" emerge in modo più chiaro. Liberata dai fardelli e dai privilegi materiali e politici, la Chiesa può dedicarsi meglio e in modo veramente cristiano al mondo intero, può essere veramente aperta al mondo. Può nuovamente vivere con più scioltezza la sua chiamata al ministero dell’adorazione di Dio e al servizio del prossimo. Il compito missionario, che è legato all’adorazione cristiana e dovrebbe determinare la struttura della Chiesa, si rende visibile in modo più chiaro». «Non si tratta qui di trovare una nuova tattica per rilanciare la Chiesa. Si tratta piuttosto di deporre tutto ciò che è soltanto tattica e di cercare la piena sincerità, che non trascura né reprime alcunché della verità del nostro oggi, ma realizza la fede pienamente nell’oggi vivendola, appunto, totalmente nella sobrietà dell’oggi, portandola alla sua piena identità, togliendo da essa ciò che solo apparentemente è fede, ma in verità è convenzione ed abitudine». «Vi è una ragione in più per ritenere che sia nuovamente l’ora di trovare il vero distacco del mondo, di togliere coraggiosamente ciò che vi è di mondano nella Chiesa. Questo, naturalmente, non vuol dire ritirarsi dal mondo, anzi, il contrario. Una Chiesa alleggerita degli elementi mondani è capace di comunicare agli uomini – ai sofferenti come a coloro che li aiutano – proprio anche nell’ambito sociale-caritativo, la particolare forza vitale della fede cristiana». Una Chiesa alleggerita da elementi mondani, sobria, spoglia della sua ricchezza terrena e grazie a ciò più «trasparente» ed essenziale nella testimonianza, nel comunicare ciò che ha ricevuto. Queste parole di Benedetto XVI sono state archiviate troppo presto, troppo frettolosamente. Erano rivolte alla Chiesa tedesca, fortemente strutturata, ma il loro valore va ben al di là dei confini della Germania. È una «conversione» chiesta alla Chiesa in tutto il mondo. Sono parole che meriterebbero di essere meditate, assimilate e messe in pratica ovunque la Chiesa si trovi. A cominciare dal Vaticano. (di Andrea Tornielli- tratto da "Vatican Insider)

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