11 febbraio 2011

Quando ci irridevano per la castità

Fummo una generazione irriverente, trasgressiva. Negli anni Settanta chi non ha fatto scioperi e okkupazioni? Il “vietato vietare”, il sei politico, poi gli spinelli, gli amorazzi usa e getta, il fanatismo ideologico, la violenza politica, i capetti intolleranti circondati di “compagne” adoranti. Una generazione obbedientissima – come la giudicò Pasolini – ai padroni del pensiero dominante che la volevano rivoluzionaria.

Poi alcuni di noi hanno incontrato dei padri e hanno disobbedito ai padroni. Abbiamo sperimentato la vera libertà. Ci siamo avventurati in terre sconosciute, abitate da una bellezza mai immaginata, abbiamo sperimentato l’amicizia, l’autenticità, il gusto di una vita diversa.Senza neanche metterlo a tema, seguendo il fascino di Gesù Cristo, ci siamo trovati a vivere lo splendore della castità, fra ragazzi e ragazze, e perfino a intuire la poesia rivoluzionaria della verginità. Meravigliati da quanto era bello il volto della propria ragazza non ridotta a preda, a oggetto su cui sfogare la propria violenta solitudine.

E’ la sovrana e lieta libertà dei figli di Dio per cui Francesco d’Assisi poteva dire: “dopo Dio e il firmamento: Chiara”. E nel Testamento di Chiara si legge: “Francesco, nostra unica consolazione e sostegno, dopo Dio”. Avevamo incontrato uomini veri e per nulla al mondo volevamo perdere quella nuova vita e quel gusto dell’esistenza. Così diventammo gli “odiati ciellini”. Odiati dal branco dei “compagni” che, al mercato libertario delle facili carni (limitrofo alla bancarella dell’eroina), sghignazzavano sui preti e il papa e – com’era facile per gli sciocchi – sulla castità dei ciellini. In tanti casi dal disprezzo si passò pure alle spranghe, ai pugni, agli insulti.

Eccoli là, oggi, i compagni di allora. Non hanno fatto la rivoluzione, però molti hanno fatto carriera e soldi. E l’arroganza è spesso rimasta identica. Sotto la canizie e la calvizie ruggisce ancora il giovanotto fanatico di allora. L’unica rivoluzione che hanno fatto – o meglio: che hanno servito – è stata la rivoluzione sessuale. Ad uso e consumo della società dei consumi. Oggi la panza, che ballonzola dietro la loro cravatta di facoltosi giornalisti, potenti politici, baroni universitari, ammonisce e rimprovera. E – toh! – su cosa?Contro il sesso sfrenato (ovviamente non il proprio: quello di Berlusconi). Pontificano accigliati contro il sesso usa e getta, tessono orazioni morali sulla dignità della donna, ci insegnano il sacro rispetto del corpo femminile, predicano il rigore morale. In certi casi dall’alto di una vita, di una generazione, che ha conosciuto – dopo l’anarchia sessuale della giovinezza – il susseguirsi di matrimoni e relazioni… Lo spettacolo è sorprendente. Forse è perfino occasione di riflessione. Mi sono trattenuto finora dallo scrivere sulle miserie della cronaca e ho risposto no ad alcuni talk show politici che volevano invitarmi a “giudicare da cattolico” le “notti di Arcore”. Tuttavia da settimane vedo e sento alcuni ex rivoluzionari, con aria ispirata e virgineo candore, alzare il loro alto grido contro chi profana con immagini discinte “il corpo delle donne”, contro chi ha costumi sessuali sfrenati e – incredulo – mi stropiccio gli occhi.

Non solo ricordando le stagioni giovanili. Mi chiedo: ma su quali giornali hanno scritto finora? Su quali settimanali? Cos’avevano in copertina? Donne col burka? E quali libri hanno lanciato? Quali film e quali registi hanno esaltato? Quali costumi hanno praticato e legittimato? Quale morale hanno affermato? D’improvviso sembra siano diventati tutti castigatissimi censori. Era inevitabile che una tale schiera di puritani si trovasse a fianco Oscar Luigi Scalfaro essendo, lui sì, un bigotto della prima ora. Ricordate l’episodio che lo ha reso “immortale”? E’ la scenata fatta negli anni Cinquanta a una signora, casualmente intravista al ristorante, rea di avere un vestito scollato. Alla manifestazione “per la dignità delle donne” dunque parteciperà questo Scalfaro. E leggo su Repubblica che “parteciperà anche Nichi Vendola: ‘Un’altra storia italiana è possibile, c’è un’Italia migliore per cui le donne non sono carne da macello, corpi da mercimonio, protagoniste solo in un establishment da escort’ ”. Sì, caro Nichi (nei panni del teologo morale), questa Italia esiste. Ma sei sicuro che sia proprio quella che voi volete da decenni?E’ meraviglioso lo slogan di questa sinistra: “Sono uomo e dico basta”. Ma basta a cosa? Alla famosa “libertà sessuale”? Allo slogan “il corpo è mio e lo gestisco io”? A questa sessuomania di massa. Parliamone. A maggio scorso partecipai a una puntata di “Annozero” su preti e pe dofilia. Fu molto interessante, ma ricordo che quando tentai di ampliare l’orizzonte proponendo di analizzare la (spesso patologica) sessuomania di massa che caratterizza i nostri costumi e la nostra cultura, Santoro troncò il discorso passando ad altro. Non lo ritenne interessante. Eppure è questo il clima irrespirabile.

Sono un padre, ho figlie giovani e mi fa schifo una società in cui delle giovani donne – in qualunque ambiente ! – sono discriminate se non stanno al gioco o non accettano certi compromessi. Mi fa schifo una società dove delle ragazze o dei ragazzi sono marchiati come cretini se dicono di credere nella castità o nella verginità. O dove sei considerato un soggetto pericoloso se affermi che il matrimonio è solo tra uomo e donna, se ti ostini ad affermare che il genere non è un’opinione (che la natura – essere maschi e femmine – non è opinabile), se consideri il divorzio un male, se condanni l’aborto, la pillola del giorno dopo e se osi mettere in discussione il “sacro preservativo” venerato dalla cultura dominante. C’è chi cerca di strattonare i cristiani per strappare loro qualche scomunica del peccatore Berlusconi. Gad Lerner ha amplificato la voce della suorina che ha tuonato “Non ti è lecito!” contro il Cav come il Battista contro Erode.

Bene. Con quella suorina però – a proposito di Erode – tuoniamo “non ti è lecito” pure contro una cultura dominante che a livello planetario ha legalizzato la pratica dell’aborto arrivando in cinquant’anni a totalizzarne un miliardo, una cultura che abbassa sempre di più il livello di difesa della vita umana.E vorrei ricordare a quella suorina che Giovanni Battista tuonava soprattutto contro l’ipocrisia di scribi e farisei che chiamava: “Razza di vipere!”.Anche Gesù tuonerà contro di loro. Lui mostra compassione per i peccatori, i pubblicani e le prostitute, ma non per i “sepolcri imbiancati” che puntano il dito sul peccato altrui: “essi all’esterno sono belli a vedersi, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni putridume”.E’ di tutti noi che parla. Perché di un gran peccatore, come Zaccheo, Gesù può fare un santo, anche un grande santo come Paolo o Agostino. Ma di chi presume di giudicare gli altri, dei sepolcri imbiancati? Del resto loro saranno col dito puntato contro di Gesù fin sotto la croce.Dicevamo della manifestazione per la dignità delle donne. Difenderanno anche la dignità calpestata delle donne nel continente islamico? E la dignità delle donne cristiane in Pakistan, la dignità di Asia Bibi, giovane madre condannata a morte, tuttora detenuta e sottoposta a ogni umiliazione, perché cristiana?E’ il cristianesimo che ha imposto di riconoscere alle donne la loro dignità. Lo stesso Roberto Benigni, commentando la “preghiera alla Vergine” di Dante, ebbe a dirlo: “è da quando Dio stesso ha chiesto a Maria il suo sì o il suo no che le donne hanno acquisito il diritto di dire sì o no”. Proprio ieri si festeggiava sant’Agata, vergine e martire. La storia di questa giovane del III secolo ci mostra l’unica vera rivoluzione che ha ridato dignità alle donne. Non certo la cultura di Repubblica e dell’Espresso o quella comunista (né, ovviamente, la cultura televisiva). Ma solo Gesù Cristo.

Antonio Socci

da “Libero”, 6 febbraio 2011

05 febbraio 2011

Chi salva la politica?


«Sgomento». Ha usato questo termine, il cardinale Angelo Bagnasco, per accennare ai fatti che occupano le prime pagine da giorni. È una parola vera. Basta guardarci, per accorgersene. Sorprendere il primo effetto che ha su di noi questa valanga di fango e di caos.Prima della repulsione di fronte allo squallore che viene a galla. Prima della ribellione per una battaglia politica fatta via inchieste e provvedimenti giudiziari, che sta mettendo a rischio il bene di tutti. Forse addirittura prima della rabbia e della pena per un Paese che avrebbe bisogno di tutt’altro e si ritrova impantanato tra bungabunga ed annizero. Prima di tutto questo, o comunque dentro tutto questo, se siamo leali il contraccolpo ha davvero quel nome: sgomento. Ovvero, malessere. Disagio. Per un modo di trattare cose e persone triste di suo, e reso ancora più amaro se accompagnato dall’illusione di potere tutto, anche sfuggire al tempo. Per la menzogna di chi si aspetta che «a cambiarci la vita» sia qualche busta piena di euro, intascati magari dando in cambio te stessa o spingendo tua figlia a sgomitare per farlo. E anche per come si usa di tutto ciò per attaccare un avversario che non si è riusciti a buttar giù a forza di voti ed elezioni. Sesso, soldi e politica. «Lussuria, Usura e Potere», come diceva Eliot. In fondo, la vicenda è sempre lì. Le tentazioni eterne, di sempre e per tutti. Certo, sulle inchieste serve chiarezza. Se c’è ipotesi di reato (reato, non peccato: quello, fino a prova contraria, non riguarda i pm), si indaghi, e in fretta. Così come è urgente che ognuno torni a fare il suo mestiere, che politici, giudici e media si rimettano al servizio del bene comune - vocazione che in gran parte stanno smarrendo - anziché «tendersi tranelli», come ricordava il cardinale Bagnasco, aggiungendo che «dalla situazione presente nessuno ricaverà motivo per rallegrarsi né per ritenersi vincitore». Ma non perdiamo l’occasione per prendere sul serio quel contraccolpo iniziale, quel turbamento. Non spostiamoci - o non lasciamoci spostare - sulla sempiterna “questione morale”, sull’incoerenza, sulla debolezza umana. Fatti serissimi, di cui tenere conto, ma che arrivano dopo, perché in fondo lo sappiamo che è difficile mettersi nei panni di chi scaglia per primo la pietra. Un istante prima, invece, c’è quel disagio, quell’inquietudine profonda. Che, se viene presa sul serio, porta a una domanda: ma chi può salvarci da questo? Chi può tirarci fuori da un modo così avvilente di trattare se stessi e gli altri? C’è qualcosa che possa riempire la vita più di sesso, soldi e potere o tutto ciò a cui possiamo ridurre il nostro desiderio di felicità? Qualcuno capace di attirare tutto di noi a sé, perché - finalmente - basta al nostro cuore? Chi può salvare l’umanità di Berlusconi, di chi gli gira intorno, di chi gli dà addosso - e mia, qui e ora? La salvezza, la pienezza dell’umano, non verrà dalla politica, se mai ci fosse stato bisogno di conferme. Né dai giudici. Ma da chi, allora?Qui lancia la sua sfida il cristianesimo. Qui, ancora una volta, ci provoca fino in fondo Cristo. L’Unico che ha la pretesa di rispondere al nostro bisogno di felicità. L’Unico che può generare una morale, cioè salvare l’umano: sfidarlo con un fascino più potente del resto - di tutto - e attrarlo a Sé, fino a cambiarlo. Perché è l’Unico che gli riempie il cuore.Ma qui si capisce anche il realismo dei criteri che la Chiesa ha sempre usato per giudicare la politica e i politici: il bene comune, appunto, e la libertas Ecclesiae, prima e più della coerenza e dell’ineccepibilità morale del singolo. Sembrano non c’entrare nulla. Invece entrano nel merito fino in fondo. Perché se è solo Cristo che salva l’umano, salvaguardare la Sua presenza nella storia - la Chiesa - vuol dire lasciarGli spazio nel mondo, qui e ora. Vuol dire aprirsi alla possibilità che potenti e soubrette, magistrati e giornalisti (e noi, con loro) incontrino qualcosa per cui vale la pena vivere, e cambiare.È questo che chiediamo alla politica. Non la salvezza, ma che lasci spazi di libertà a questo luogo che salva anche la politica, perché rende presente nel mondo qualcosa che non ha paragone con Usura, Lussuria e Potere. Qualcosa di infinitamente più grande. Qualcuno di vero.
(tratto dal mensile "Tracce")

01 febbraio 2011

Carpenedolo Caput Mundi

La vicenda della coda per le iscrizioni alla Scuola dell'Infanzia Maria Immacolata ha innescato una serie di dichiarazioni e di commenti che dimostrano, con tutta evidenza, come il nostro piccolo paese soffra degli stessi mali di cui è afflitto il mondo intero. Pensiamo al relativismo, teoria che si basa sul concetto che non esiste una verità evidente per cui tutto è uguale e quindi tutto è relativo. Il Sindaco di Carpenedolo ha fornito un classico esempio di relativismo dichiarando di non comprendere perchè i genitori abbiano fatto la coda davanti alla Scuola dell'Infanzia gestita dalle Suore visto che ci sono strutture comunali che svolgono lo stesso servizio. In sostanza il Sindaco non riconosce un'evidenza grande come il mondo: cioè che la Scuola dell'Infanzia Maria Immacolata è una scuola pubblica non statale ad indirizzo cattolico ed è pertanto DIVERSA dalle altre scuole. Non si possono considerare queste scuole "intercambiabili" tra di loro.
Anche il consigliere comunale della Lista Cambiare Carpenedolo ha insistito sul fatto che la Scuola dell'Infanzia delle Suore dovrebbe accogliere un numero minimo di stranieri non prendendo minimamente in considerazione che la scuola, essendo ad indirizzo cattolico, avrà come scopo l'educazione dei bambini (italiani e stranieri) secondo l'esperienza cattolica (vi sono nella Scuola sette bambini stranieri che seguono il percorso educativo stabilito). Inserire bimbi stranieri senza fare i conti con questa evidenza è un'ipotesi irrealizzabile. Il relativismo è questo: non fare i conti con la realtà così come si palesa nella sua verità inconfutabile.
L'altra grossa malattia che affligge il nostro paesello è la voglia di insinuare la divisione, di gettare fango, di screditare le persone mediante il semplice uso della penna. Lo scopo non è quello di ristabilire la verità che anzi viene calpestata in nome di una semplice battaglia contro una persona o, come in questo caso, contro un gruppo di persone che non erano certo in coda per fare polemica o farsi vedere. E' triste vedere Carpenedolo stretto tra la morsa di coloro che proprio non capiscono e coloro che invece, seppur capendo, sono tutti intenti in una loro battaglia personale contro il nemico di turno. Personalmente credo che vicende come quella della scorsa settimana servano al nostro paese per maturare, per elaborare un giudizio chiaro che metta a nudo le tante contraddizioni che affliggono e bloccano Carpenedolo.
Paolo Spaziani