30 novembre 2010

Il messaggio del Santo Padre per la morte di Manuela Camagni


Pubblichiamo di seguito il Messaggio che il Santo Padre Benedetto XVI ha inviato per le Esequie della Memor Domini, Manuela Camagni, della Famiglia Pontificia, deceduta mercoledì scorso, di cui ha dato lettura Mons. Georg Gänswein ieri nel corso della Liturgia Esequiale a San Piero in Bagno di Romagna:

Cari fratelli e sorelle,
volentieri avrei presieduto le Esequie della cara Manuela Camagni, ma – come potete immaginare – non mi è stato possibile. Tuttavia, la comunione in Cristo permette a noi cristiani una reale vicinanza spirituale, in cui condividiamo la preghiera e l’affetto dell’anima. In questo vincolo profondo saluto tutti voi, in modo particolare i familiari di Manuela, il Vescovo diocesano, i sacerdoti, i Memores Domini, gli amici.
Vorrei qui offrire molto brevemente la mia testimonianza su questa nostra Sorella, che è partita per il Cielo. Molti di voi conoscono Manuela da lungo tempo. Io ho potuto beneficiare della sua presenza e del suo servizio nell’appartamento pontificio, negli ultimi cinque anni, in una dimensione familiare. Per questo desidero ringraziare il Signore per il dono della vita di Manuela, per la sua fede, per la sua generosa risposta alla vocazione. La divina Provvidenza l’ha condotta a un servizio discreto ma prezioso nella casa del Papa. Lei era contenta di questo, e partecipava con gioia ai momenti di famiglia: alla santa Messa del mattino, ai Vespri, ai pasti in comune e alle varie e significative ricorrenze di casa.
Il distacco da lei, così improvviso, e anche il modo in cui ci è stata tolta, ci hanno dato un grande dolore, che solo la fede può consolare. Molto sostegno trovo nel pensare alle parole che sono il nome della sua comunità: Memores Domini. Meditando su queste parole, sul loro significato, trovo un senso di pace, perché esse richiamano ad una relazione profonda che è più forte della morte. Memores Domini vuol dire: "che ricordano il Signore", cioè persone che vivono nella memoria di Dio e di Gesù, e in questa memoria quotidiana, piena di fede e d’amore, trovano il senso di ogni cosa, delle piccole azioni come delle grandi scelte, del lavoro, dello studio, della fraternità. La memoria del Signore riempie il cuore di una gioia profonda, come dice un antico inno della Chiesa: "Jesu dulcis memoria, dans vera cordis gaudia" [Gesù dolce memoria, che dà la vera gioia del cuore].
Ecco, per questo mi dà pace pensare che Manuela è una Memor Domini, una persona che vive nella memoria del Signore. Questa relazione con Lui è più profonda dell’abisso della morte
. E’ un legame che nulla e nessuno può spezzare, come dice san Paolo: "[Nulla] potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore" (Rm 8,39). Sì, se noi ricordiamo il Signore, è perché Lui, prima ancora, si ricorda di noi. Noi siamo memores Domini perché Lui è Memor nostri, ci ricorda con l’amore di un Genitore, di un Fratello, di un Amico, anche nel momento della morte. Sebbene a volte possa sembrare che in quel momento Lui sia assente, che si dimentichi di noi, in realtà noi siamo sempre presenti a Lui, siamo nel suo cuore. Ovunque possiamo cadere, cadiamo nelle sue mani. Proprio là, dove nessuno può accompagnarci, ci aspetta Dio: la nostra Vita.
Cari fratelli e sorelle, in questa fede piena di speranza, che è la fede di Maria presso la croce di Gesù
, ho celebrato la santa Messa di suffragio per Manuela la mattina stessa della sua morte. E mentre accompagno con la preghiera il rito cristiano della sua sepoltura, imparto con affetto ai familiari, alle consorelle e a tutti voi la mia Benedizione.

28 novembre 2010

Vengano nel mio hospice,cambieranno idea

«Invito i conduttori di 'Vieni via con me' nella mia clinica ad Asuncion. Sono sicuro che cambierebbero idea ». Indomito come sempre, padre Aldo Trento, membro della Fraternità sacerdotale San Carlo Borromeo da anni di stanza in Paraguay, freme di fronte alla trasmissione di Fazio e Saviano che ha mostrato ad esempio i casi eutanasici Welby ed Englaro.
Padre Trento parla a ragione veduta: dirige il primo, e tutt’ora unico, hospice del Paraguay all’interno della clinica San Riccardo Pampuri ad Asuncion. Uno spazio per dare dignità ai malati terminali della capitale paraguaiana: dal 2004 sono oltre 600 le persone transitate in questo spazio di cura amorevole e dedizione al prossimo. «Nel nostro ospedale – spiega padre Trento – è venuto uno dei più grandi giornalisti latinoamericani, un ebreo ateo, una persona onesta, Humberto Rubin. Alla fine della visita ha detto: 'Se quello che ho visto è Dio, posso crederci anch’io'. Il nodo, in quella trasmissione su Rai tre, è una mancanza di lealtà con il proprio cuore. Temo non verranno mai a trovare Giovanna, una malata di Sla di Bresso (in provincia di Milano, ndr) che ho incontrato in questi giorni mentre ero in Italia. Sentirla mentre parla tramite il computer grazie al movimento degli occhi, sentirla che parla della grazia della vita e della bellezza di Cristo! Lei, che ha avuto tragedie in famiglia: un genero suicidatosi, il marito ucciso dai ladri in casa. E vedere la fede che ha!». Per il missionario, ciò di cui si è parlato in quel programma «è un falso problema, montato appositamente e dimenticando le migliaia di persone che lottano per la bellezza della vita. Come le migliaia di giovani che in dieci giorni in Italia ho incontrato in diverse città (Firenze, Bologna, Cantù, Palermo…) e che riempivano i saloni. Ho l’impressione che la televisione abbia unicamente l’interesse di far passare una cultura della morte. Lo constato nel mio Paese, il Paraguay, dove il tema dell’eutanasia è all’ordine del giorno: anche in America latina questa ideologia sta dominando con l’eliminazione del concetto di persona».
Ma perché non si dedica spazio ai tanti malati e alle loro famiglie che non scelgono la morte? Forse la carità fa paura? «Sì, il bene non fa notizia – risponde padre Trento –La cultura dominante, mediante i mezzi di comunicazione ha altri interessi. Di certo non quello di mostrare l’immenso positivo che esiste. Io non ho visto le televisioni venire a filmare il pienone di Palermo, di Pavia, di Firenze, di Cantù quando ho incontrato migliaia di giovani. Perché non vengono?».
A Firenze, dove ha parlato nei giorni scorsi, però, padre Trento ha avuto alcuni problemi. «Sì, perché l’anno scorso, per protesta, avevo restituito un’onorificenza della Repubblica italiana per denunciare l’inerzia sul caso Englaro. Allora il direttore dell’ospedale degli Innocenti di Firenze ha detto: quest’uomo (riferendosi a me) qui non è desiderabile, perché Beppino Englaro è cittadino onorario di Firenze. Ecco chi è ideologico. Hanno perfino paura che arrivi uno che la pensa diversamente per amore a quella figlia e anche a quel pover’uomo. Gli impediscono di parlare. E così ho tenuto la conferenza nell’aula magna dell’università, non all’ospedale degli Innocenti come previsto».
(tratto da "Avvenire")

24 novembre 2010

Colletta Alimentare a Carpenedolo


Carpenedolo partecipa alla Giornata Nazionale della Colletta Alimentare. I volontari saranno presenti per tutta la giornata di Sabato 27 Novembre nei supermercati Italmark, Coop e Penny Market.

Ecco le dieci righe della Colletta 2010: "Il povero è un uomo solo. Condividere gratuitamente questo dramma risveglia il vero desiderio che è nel cuore di ciascuno:essere amato. Solo questo può vincere la solitudine: riconoscere che siamo tutti bisognosi di fare esperienza di un amore immenso, sconfinato, più grande di qualunque situazione di sofferenza o disagio in cui ci troviamo. Questa scoperta ci rendecompagni di cammino di ogni uomo, proprio perché siamo costituiti dalla stessa attesa profonda di un amore senza fine.Che commozione davanti al fatto che questo amore ci è già stato donato, come ci ha ricordato Benedetto XVI: “La Carità è il dono più grande che Dio ha fatto agli uomini… perché è amore ricevuto e amore donato (Caritas inVeritate)”. Ogni essere umano infatti è oggetto di una preferenza di Dio, che si è donato totalmente e gratuitamente aciascuno. È questa certezza che genera la nostra speranza e ci sostiene nel rivolgere a tutti l’invito a partecipare alla Giornata Nazionaledella Colletta Alimentare. Per sperimentare come anche il gesto di fare la spesa e donarla a chi è più povero possa esserel’occasione sorprendente di un immediato e positivo cambiamento per sé il cui riverbero può raggiungere la società intera."

Colletta Alimentare: una piccola spesa, un grande gesto. Ti aspettiamo!

22 novembre 2010

Notizie su Saviano e Caterina

Caro Roberto,
vieni via con me e lascia i tristi a friggere nel loro odio. Questo è un invito pieno di stima: vieni a trovare mia figlia Caterina. Ti accoglierò a braccia spalancate e se magari ne tirerai fuori l’idea per un articolo, potrai devolvere un po’ di diritti alle migliaia di bambini lebbrosi che sto aiutando tramite i miei amici missionari i quali li curano nel loro lebbrosario (in un Paese del terzo mondo).Vieni senza telecamere, ma con il cuore e con la testa con cui hai scritto “Gomorra”, lasciandoti alle spalle i fetori dell’odiologia comunista (a cui tu non appartieni) che si respira in certi programmi tv.

Mi scrivesti – ti ricordi ? - quando io ti difesi su queste colonne per il tuo bel libro. Ora io, debole, scrivo a te forte e potente, io padre inerme in lotta con l’orrore (e in fuga dalla tv) scrivo a te, star televisiva osannata, io cristiano controcorrente da sempre, scrivo a te che stimo: vieni a guardare negli occhi mia figlia venticinquenne che sta coraggiosamente lottando contro un Nemico forse più tremendo di quei quattro squallidi buzzurri che sono i camorristi.Lei non si arrende all’orrore, come non ci si arrende alla camorra. Vieni a vedere il suo eroismo e quello di tanti altri come lei, che – come dice Mario Melazzini, rappresentante di molti malati di Sla – sono silenziati dal regime mediatico del ‘politically correct’ nel quale tu, purtroppo, hai accettato di diventare una stella. Vieni. Vedrai gli occhi di Caterina, ben diversi da quelli arroganti e pieni di disprezzo delle mezzecalzette o dei tromboni che civettano nei salotti intellettuali e giornalistici.

Magari potrai vedere addirittura la felicità dentro le lacrime e forse eviterai di straparlare sull’eutanasia, sulla malattia o sul fine vita (come hai fatto lunedì scorso) imponendo il tuo pensiero unico, perché i malati, i disabili che implorano di essere aiutati e sostenuti, nel salotto radical-chic tuo e di Michele Serra, non hanno avuto diritto di parola.Come non ce l’hanno – in questa dittatura del pensiero unico – i bambini non nati o i cristiani macellati da ogni parte e disprezzati o condannati a morte per la loro fede: è il caso della giovane Asia Bibi.Vedi, a me non frega niente della tua diatriba col ministro Maroni: siete due potenti e avete gli strumenti a vostra disposizione per battervi. Non c’è bisogno di galoppini che osannino l’uno o l’altro.A me importa dei deboli, dei malati, dei piccoli, dei poveri che sono ignorati, silenziati e umiliati in televisione. A cominciare dal programma di Michele Serra dove recitate tu e Fazio. Dove si taglia a fette il disprezzo per la Chiesa.

Per la Chiesa che tu sai bene – caro Roberto – ha lottato contro la camorra e la mafia ben prima di te e con uomini inermi e poveri che ci hanno pure rimesso la pelle.La Chiesa che conosce i sofferenti e i miseri, li ama e quasi da sola soccorre tutti i disperati della terra, un po’ più di Michele Serra di cui ho sentito parlare solo nei salotti giornalistici, non in lebbrosari del Terzo Mondo o nei bassifondi di Calcutta (di Fabio Fazio neanche merita occuparsi).E’ un peccato che tu metta il tuo volto a far da simbolo di un establishment intellettuale che non ha mai letto il tuo e mio Salamov e non ha mai combattuto l’orrore rosso che lui denunciò e contro cui morì.Quello sì che sarebbe anticonformismo: andare in tv a raccontare Kolyma che è con Auschwitz l’abisso del XX secolo, ma che – a differenza di Auschwitz – non è mai stata denunciata nella nostra cultura e nella nostra televisione!

Abbiamo visto nel tuo programma lo spettro del (post) comunismo che legittimava lo spettro del (post) fascismo. Dandoci a bere che loro hanno “i valori”. Anzi: solo loro. Visto che solo loro sono stati ritenuti degni di proclamarli.Il rottame dell’odiologia del Novecento che ha afflitto l’umanità e in particolare l’Italia è davvero quello che oggi ha i titoli per sdottoreggiare di valori?Mi par di sentire mio padre minatore cattolico – che lottò in vita contro il comunismo e contro il fascismo – che, quando era ancora fra noi, si ribellava davanti a questa tv e gridava: “Andate al diavolo!”.Quelli come lui – che hanno garantito a tutti noi la libertà e il benessere di cui godiamo – non ce li chiamate a proclamare i loro valori.Perché sono state le persone comuni come lui a capire la grandezza di un De Gasperi e ad aiutarlo, ricostruendo l’Italia. Invece gli intellettuali italiani del Novecento sono andati dietro ai pifferi di Mussolini e di Togliatti (e di Stalin).

E dopo questo tragico abbaglio l’establishment intellettuale di oggi ancora pretende di indicare la via, gigioneggiando su tv e giornali.Pretendono di fare la rivoluzione (etica naturalmente) con tanto di contratto o fattura (sacrosanta retribuzione per la prestazione professionale, si capisce).Sono il regime e pretendono di spacciarsi per l’eresia, incarnano la pesantezza del conformismo e si atteggiano a dissidenti, sbandierano le regole per gli altri e se ne infischiano di quelle che dovrebbero osservare loro, predicano la tolleranza e non tollerano alcune diversità culturale e umana.Come se non bastasse proclamano l’antiberlusconismo etico e antropologico e con l’altra mano (molti di loro) firmano contratti con le aziende di Berlusconi come Mondadori, Mediaset o Endemol (di o partecipate da Berlusconi).Pensa un po’ Roberto, io pubblico con la Rizzoli e lavoro per la Rai. Ti assicuro che si può vivere dignitosamente anche senza lavorare con aziende che fanno capo al gruppo Berlusconi, visto che (a parole) viene così schifato da questa intellighentsia.

Caro Roberto, l’altra sera mia figlia Caterina stava ascoltando un cd con canti polifonici che lei conosce bene (perché li cantava anche lei). Era molto concentrata ad ascoltare una laude cinquecentesca a quattro voci che s’intitola: “Cristo al morir tendea”.In essa Maria parla di Gesù ai suoi amici, agli apostoli. E quando le sue struggenti parole – cantate meravigliosamente – hanno sussurrato “svenerassi per voi” (si svenerà per voi), Caterina – che non può parlare – è scoppiata a piangere.Questa commozione per Gesù – che nei salotti che oggi frequenti è disprezzato come nei salotti di duemila anni fa – ha cambiato il mondo e salva l’umanità.E’ la stessa commozione di Asia Bibi, la giovane madre condannata a morte perché – a chi voleva convertirla all’Islam – ha risposto: “Gesù è morto per me, per salvarmi. Maometto cos’ha fatto per voi?”.

Ecco, caro Roberto, questa commozione per un Dio che ama così è il cristianesimo.E tu hai conosciuto uomini che per l’amicizia di Gesù, per amare gli esseri umani come lui, hanno scommesso la vita, hanno dato se stessi. Quando si sono visti quei volti come si può sopportare di vivere in un mondo di maschere e di recitare nei loro teatrini?

Ti abbraccio,

(di Antonio Socci- tratto da "Libero" del 19/11/2010)

21 novembre 2010

Domenica 21 Novembre preghiamo per i cristiani in Iraq


Comunione e Liberazione aderisce all’appello dei Vescovi italiani a pregare domenica 21 novembre per i cristiani dell’Iraq, «che soffrono la tremenda prova della testimonianza cruenta della fede» (Comunicato finale dell’Assemblea CEI, 11 novembre 2010). Il movimento invita tutti i suoi aderenti a partecipare alle messe secondo le intenzioni di Benedetto XVI, che il giorno dopo il gravissimo attentato nella cattedrale siro-cattolica di Bagdad che ha causato decine di morti e feriti, ha detto: «Prego per le vittime di questa assurda violenza, tanto più feroce in quanto ha colpito persone inermi, raccolte nella casa di Dio, che è casa di amore e di riconciliazione. Esprimo inoltre la mia affettuosa vicinanza alla comunità cristiana, nuovamente colpita, e incoraggio pastori e fedeli tutti ad essere forti e saldi nella speranza. Davanti agli efferati episodi di violenza, che continuano a dilaniare le popolazioni del Medio Oriente, vorrei infine rinnovare il mio accorato appello per la pace: essa è dono di Dio, ma è anche il risultato degli sforzi degli uomini di buona volontà, delle istituzioni nazionali e internazionali. Tutti uniscano le loro forze affinché termini ogni violenza!» (Angelus, 1° novembre 2010).

Rivolgendosi a tutti gli aderenti a Comunione e Liberazione, don Julián Carrón ha detto che «la partecipazione alle messe domenicali secondo le intenzioni del Papa e dei Vescovi è un gesto di comunione reale e di carità perché sentiamo come nostri amici i cristiani dell’Iraq, anche se non li conosciamo direttamente». Come dice don Giussani, «se il sacrificio è accettare le circostanze della vita, come accadono, perché ci rendono corrispondenti, partecipi della morte di Cristo, allora il sacrificio diventa la chiave di volta di tutta la vita […], ma anche la chiave di volta per capire tutta la storia dell’uomo. Tutta la storia dell’uomo dipende da quell’uomo morto in croce, e io posso influire sulla storia dell’uomo − posso influire sulla gente che vive in Giappone adesso, sulla gente che sta in pericolo sul mare adesso; posso intervenire ad aiutare il dolore delle donne che perdono i figli adesso, in questo momento −, se accetto il sacrificio che questo momento mi impone» (L. Giussani, Si può vivere così?, Rizzoli, pp. 389−390).

Per questa ragione, ha aggiunto Carrón, «se un gesto di preghiera può influire sul cambiamento della gente in Giappone, può cambiare qualcosa anche in Iraq. Il sacrificio che facciamo per i cristiani iracheni e la preghiera di domenica siano un gesto con cui invochiamo, imploriamo da Dio la protezione per loro».

l’ufficio stampa di Cl- Milano, 18 novembre 2010.

20 novembre 2010

Regione Lombardia contro la persecuzione dei cristiani


Salviamo la vita dei cristiani in Iraq e nel mondo». Con questa scritta di 20 metri per 20, visibile da oggi per un mese sulla facciata del Palazzo Pirelli (lato piazza Duca d'Aosta), e con una lettera indirizzata al presidente dell'Assemblea e al segretario generale dell'Onu, la giunta di Regione Lombardia e il suo presidente, Roberto Formigoni, vogliono «scuotere l'indifferenza di tanti nei confronti delle persecuzioni in atto in varie parti del mondo contro i cristiani».
Sono molti, infatti, gli episodi riportati dalle cronache degli ultimi giorni che lo attestano. Dalla strage irachena del 31 ottobre, quando un gruppo di fondamentalisti islamici ha assaltato la cattedrale siro-cattolica di Baghdad, uccidendo 52 fedeli, agli altri due fedeli uccisi il 7 novembre sempre a Baghdad. Louay Daniel Yacoub, 49 anni, era davanti all'ingresso del suo appartamento quando degli sconosciuti lo hanno freddato a colpi d'arma da fuoco. Un altro cristiano è stato ucciso lo stesso giorno ma di lui non si conosce ancora l'identità. Fino alla sentenza del tribunale del distretto di Nankana, in Pakistan, che ha condannato a morte Asia Bibi, 45 anni, accusata di blasfemia. Ad oggi nessuna condanna per blasfemia è stata eseguita, ma si sono verificate decine di esecuzioni sommarie e linciaggi.
«Studi recenti – ha detto Formigoni ai microfoni dei giornalisti – dimostrano che le persecuzioni religiose sono in aumento e il 75% di queste sono rivolte verso i cristiani. Regione Lombardia vuole reagire a questa situazione e inserirsi nel dibattito che speriamo prenda quota su questi temi, stimolando iniziative forti da parte della comunità internazionale per abbattere il muro di indifferenza».Un’incuranza che non deve più perpetrarsi, anche sotto il profilo di una necessaria reciprocità tra gli stati, come ha sottolineato il vicepresidente lombardo Andrea Gibelli: «Ci sono paesi in cui la libertà religiosa, diritto sancito in termini assoluti dalle Carte internazionali, non viene osservata. Molti cristiani in Africa e Medio Oriente sono costretti a emigrare perché vengono considerati cittadini di serie B e il fatto che ci siano persone che devono abbandonare i propri paesi per questa ragione è intollerabile». Un punto quest’ultimo che vuole sottolineare anche quanto sia importante nel 2010 che l'uomo sia al centro dell'interesse e non ci si occupi solo di parametri di natura economica.
(tratto dal settimanale "Tempi")

18 novembre 2010

Nel nuovo tempio un antichissimo livore


Quanto sussiego. Quanta retorica. E che propensione al predicozzo. Quanto ricorso al tremolare di lacrimuccia sotto i fari tv. Poca storia. Molte chiacchiere e molta furbizia. Molti slogan. La De Filippi in confronto è una dilettante.
«Aria nuova» dicono i vertici di Raitre. Sarà… Aspettiamo dunque che di questa aria possa godere anche chi non la pensa come i due predicatori Saviano-Fazio. La puntata di lunedì ha avuto un convitato di pietra. Come se i due 'mattatori' avessero un complesso grande come una casa. E questo complesso si chiama cristianesimo, si chiama Chiesa.
L’unico bersaglio vero, tenacemente e persino violentemente cercato, è stata infatti la Chiesa. Fatta passare per una realtà assurda che disonora i giusti, asseconda i potenti e i ladri, viola le coscienze e non vuole i poveri tra i piedi. La Chiesa evidentemente va bene, ma solo se la pensa come loro. È insopportabile per questi nuovi 'giusti' tribunizi che ci sia qualcuno che non segue il filo così buono, carino, ricercato eppure casual, moderno, ovvio delle loro posizioni. Lo diceva cent’anni fa Newman: non la vogliono eliminare, ma vorrebbero la Chiesa come ancella. E infatti, han trovato qualche prete vanitoso che si è prestato a fare in tv da scendiletto delle loro prediche squinternate e faziose. Un servo vanitoso si trova sempre.
Ma come tutti quelli oppressi da un complesso Saviano e Fazio restano per così dire impigliati, e un poco grotteschi, nel loro agitarsi.
Come quelli che hanno il complesso della statura e mettendosi tacchi evidenziano di più la loro insofferenza. Un che di posticcio come risultato. Di finto. Hanno dato fondo al repertorio più consono a somigliare a custodi di una verità, hanno dato il massimo finendo per diventare in definitiva una brutta caricatura del loro avversario dichiarato. E si è capito che non sono giornalisti – ché non lo sono, evidentemente – non sono solo predicatori, ma possibilmente a vescovi e papi vorrebbero farsi somiglianti, ma non a quelli veri bensì a quelli che spacciano per veri e insolentiscono. Finendo più volte nel patetico e nel grottesco.
La Rai coi nostri soldi ha permesso loro di celebrare la liturgia dell’attacco fazioso, del pensiero a senso unico su questioni drammatiche e discusse, su ferite aperte per migliaia di famiglie. Ha permesso di pontificare con sussiego su questioni gravi. Forti del successo di share (naturalmente i successi tv sono sporchi e cattivi solo quando li fanno altri e con la massificazione no, loro non c’entrano) ora fanno dire in Rai: era ora che si sperimentassero vie nuove.
Certo, c’è bisogno di nuove piste, di nuove idee. Di volti nuovi. Di nuovi 'format'. E di «aria nuova». Ma non di questa retorica vecchia di almeno cinquant’anni.
Non c’è bisogno di questi visini compunti da finti chierichetti già veduti mille volte. Non di questi oratori complessati. Non di queste faziose ricostruzioni dei fatti, di questi monologhi da inviato della Giustizia nei salotti tv. Forse i nuovi predicatori non capiranno mai la differenza tra il loro predicare e il cristianesimo. Forse il loro complesso li porta a pensare di essere in questo modo quel che la Chiesa dovrebbe essere. Lo fanno persino (forse) in buona fede, certo non solo per i molti soldi che ci guadagnano. Lo fanno per salvarci tutti. Per rendere tutti migliori. Così da non aver più bisogno del cristianesimo. Di non aver più bisogno della Chiesa.
Perché bastano loro, piacevoli, in primo piano, in quel che hanno deciso essere il nuovo tempio: la tv. Ma nel luccichio che a tutti compiace i più svegli vedono lo scintillio di uno strano, nuovo e antichissimo livore.
(di Davide Rondoni- tratto da "Avvenire")

17 novembre 2010

La predica di Biffi al politico smemorato sulle leggi razziali


Con il suo intervento sulle vergognose leggi razziali nel quale ha criticato la Chiesa per non aver reagito, Gianfranco Fini ha rivelato «i suoi gratuiti preconcetti e la sua singolare disinformazione». Lo scrive il cardinale Giacomo Biffi, 82 anni, arcivescovo emerito di Bologna, una delle menti più acute dell’episcopato italiano degli ultimi decenni, che vive da oltre un lustro ritirato e silente (dopo aver lasciato la guida della diocesi, nel dicembre 2003, non ha mai più rilasciato interviste) sulle colline della città felsinea.
È una delle tante parti aggiunte o riscritte dell’autobiografia del porporato, Memorie e digressioni di un italiano cardinale (Edizioni Cantagalli, pagg. 688, euro 25), in libreria nei prossimi giorni. Un libro che attraversa la Storia e la storia della Chiesa del Novecento. Una delle pagine ampliate riguarda le leggi razziali e la reazione cattolica. Il cardinale ha voluto aggiungere un riferimento al presidente della Camera, pur senza nominarlo direttamente. Ne indica però la data di nascita. «C’è stato recentemente chi (dall’alto di una delle massime cariche dello Stato) – scrive Biffi – in un intervento pubblico del tutto immotivato, ha parlato di un deplorevole silenzio della Chiesa in quella circostanza. Certo, essendo egli del 1952, ha l’attenuante che all’epoca non era ancora nato; ma ha l’aggravante di aver voluto ciò nonostante intervenire nel merito, rivelando al tempo stesso i suoi gratuiti preconcetti e la sua singolare disinformazione».
L’arcivescovo emerito di Bologna, quando ha scritto questa pagina, non poteva sapere della crisi di governo che proprio il presidente della Camera avrebbe aperto dopo la nascita del suo nuovo partito, Futuro e libertà. E dunque sarebbe del tutto improprio attribuire a Biffi interventi a gamba tesa nel (confusissimo) agone politico. Ma è certo che il cardinale non ha digerito le parole pronunciate da Fini il 16 dicembre 2008, a Montecitorio, inaugurando un convegno per i settant’anni da quell’infamia nazionale con la quale il fascismo cercò di mettersi in pari con l’alleato di Berlino. Il presidente della Camera in quella occasione aveva affermato che «l’ideologia fascista da sola» non bastava a spiegare «l’infamia» e c’è da chiedersi «perché la società italiana si sia adeguata, nel suo insieme, alla legislazione antiebraica e perché, salvo talune luminose eccezioni, non siano state registrate manifestazioni di resistenza. Nemmeno, mi duole dirlo, da parte della Chiesa cattolica».
Il giorno dopo, una nota pubblicata su L’Osservatore Romano rilevava: «Di certo, sorprende e amareggia il fatto che uno degli eredi politici del fascismo — che dell’infamia delle leggi razziali fu unico responsabile e dal quale pure da tempo egli vuole lodevolmente prendere le distanze — chiami ora in causa la Chiesa cattolica. Dimostrando approssimazione storica e meschino opportunismo politico».
In effetti il Papa Pio XI fu l’unica autorità a pronunciarsi pubblicamente contro il «Manifesto della razza» nel corso di tre discorsi, e il Vaticano, attraverso i suoi canali diplomatici, fece il possibile per arginare le leggi razziali. Ci furono certo differenziazioni, reazioni distinte, atteggiamenti tiepidi, ma è innegabile la contrarietà della Chiesa.
Nella sua autobiografia, prima dell’affondo contro Fini, il cardinale Biffi rievoca i fatti di quei giorni del 1938 che l’avevano «profondamente colpito» benché non avesse ancora undici anni. E ricorda: «Si levò a Milano una voce – era la prima e rimase l’unica – che ebbe il coraggio di prendere apertamente le distanze da tanta follia. Il 13 novembre il cardinal Schuster dal pulpito del duomo di Milano, per l’inizio dell’Avvento Ambrosiano, pronunciò un’omelia che fin dalle prime parole, invece di richiamare il contesto liturgico, affrontò sùbito l’argomento che più lo preoccupava: “È nata all’estero e serpeggia un po’ dovunque una specie di eresia, che non solamente attenta alle fondamenta soprannaturali della cattolica Chiesa, ma materializzando nel sangue umano i concetti spirituali di individuo, di Nazione e di Patria, rinnega all’umanità ogni altro valore spirituale, e costituisce così un pericolo internazionale non minore di quello dello stesso bolscevismo. È il cosiddetto razzismo”».
È difficile oggi, continua Biffi, «rendersi conto dell’impressione suscitata da quelle parole di critica nei confronti del pensiero e comportamento di un governo che, ormai da decenni, non tollerava neppure la più tenue espressione dissonante. Esse non rimasero confinate entro la pur solenne atmosfera di una cattedrale affollata: furono stampate nella Rivista Diocesana Milanese e, due giorni dopo che erano state pronunciate, divulgate ne L’Italia, il quotidiano cattolico che entrava nelle nostre case». Schuster non fu lasciato solo: «Da parte del Papa arrivò un messaggio a firma del segretario monsignor Carlo Confalonieri: “Il Santo Padre esorta il cardinale di Milano a sostenere con coraggio la dottrina cattolica, poiché non si può cedere su questo punto, né il giornale L’Italia può cambiare indirizzo”...».
«Ero solo un ragazzo – conclude – ma da quella vicenda ho capito quale fortuna “laica” e razionale sia, quando sopraggiunge l’ora della generale pavidità e del conformismo accondiscendente, la presenza nel nostro paese della Chiesa del Dio vivente, colonna e fondamento della verità». Una memoria da ravvivare, secondo il porporato di origini ambrosiane, soprattutto al presidente della Camera, dopo il suo «intervento pubblico del tutto immotivato».

(di Andrea Tornielli- tratto da "Il Giornale")

12 novembre 2010

La gru occupata e la violenza di chi protesta


Un angolo del centro storico di Brescia è tenuto in ostaggio da più di dieci giorni da alcuni manifestanti che protestano contro l'esclusione dalla regolarizzazione di colf e badanti. Uno spettacolo indegno di una città civile dove la disperazione di alcuni immigrati viene abilmente manipolata e cavalcata da chi cerca solo l'occasione per dare visibilità al proprio antagonismo sociale contro tutto e contro tutti. Su questa vicenda ha preso posizione anche Ateneo Studenti che ha distribuito un volantino nelle università bresciane.

10 novembre 2010

La Chiesa non si fida del capo laicista del Fli

Quelle di Fini sono posizioni da partito radicale di destra. Ma tra lui e Pannella, preferisco l’originale...». La battuta di Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione sussidiarietà, può ben sintetizzare la diffidenza di diversi esponenti del mondo cattolico di fronte alle posizioni di Gianfranco Fini, che domenica, da Bastia Umbra, aveva detto di volersi allineare agli standard europei sulla tutela delle famiglie di fatto, definendo il Pdl come il movimento politico «più arretrato» d’Europa «sui diritti civili».Dichiarazioni che ieri sono state affrontate nella risposta a una lettera dal direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, il quale ha osservato come «il “partito moderno” anzi “futurista” di Gianfranco Fini, ultima evoluzione della destra post-fascista, sta rivelando di portare nel suo Dna qualcosa di strutturalmente e - per quanto ci riguarda - di inaccettabilmente vecchio: la pretesa radicaleggiante di dividere il mondo in buoni e cattivi, in arretrati e progrediti culturalmente, sulla base di una premessa e di un pregiudizio ideologico».Tarquinio scrive che il sottofondo delle parole del presidente della Camera ricordano «le sicumere dell’anticlericalismo», e «una certa Italia liberale in tutto e con tutti tranne che nei confronti dei cattolici». «Un retorico elogio della confusione, all’insegna del più piacione dei relativismi», conclude il direttore del quotidiano della Cei, che dopo aver ricordato come Fini voglia «ridurre la “famiglia tradizionale” a una possibilità, a una mera variabile in un catalogo di desideri codificati» e abbia invece osteggiato la legge sul fine vita che voleva scongiurare «la surrettizia e anti-umana introduzione di pratiche eutanasiche nel nostro ordinamento», invita «i potenziali interlocutori politici» del presidente della Camera - leggi l’Udc - a tenerne conto. «Penso che quelle di Fini siano posizioni da partito radicale di destra - spiega al Giornale il presidente della Fondazione sussidiarietà Vittadini -. Se per dire che i diritti civili sono avanzati bisogna essere portatori di una concezione ridotta dell’uomo, che tra l’altro non appartiene alla storia del popolo italiano, beh, questo lo abbiamo già sentito dire da Marco Pannella. E io preferisco l’originale, perché Pannella è almeno motivato da una sua idea di uomo. Nel caso di Fini non si capisce quali siano le radici di queste posizioni, se non quelle di una certa destra anticlericale e vecchia».«Con tutti i suoi limiti personali, dei quali si è parlato ampiamente anche negli ultimi giorni, Berlusconi è riuscito a tenere l’alleanza Pdl e Lega su posizioni accettabili per il mondo cattolico», sottolinea Carlo Costalli, presidente del Movimento cristiano lavoratori. «Le posizioni che Fini ha preso negli ultimi anni, da quella sulla legge 40 a quella sul fine vita, sono pericolose - aggiunge - e lontanissime da noi. Il presidente della Camera rischia di fare il cavallo di Troia per quanto riguarda i temi eticamente sensibili». «E Casini - conclude Costalli - che ci tiene alla matrice cattolica del suo partito, dovrebbe considerare improponibile un’alleanza con Fini».«Spiace notare - aggiunge Riccardo Bonacina, direttore editoriale di Vita, il giornale del no profit - che Fini sia la controfigura di giochi che si decidono altrove. È espressione del politically correct, ma non riesco a capire con quale credibilità».«Mi sembra che il fatto che la nostra Costituzione riconosca il valore specifico della famiglia fondata sul matrimonio - fa notare il sociologo Luca Diotallevi, vicepresidente delle Settimane sociali - non sia un principio che toglie diritti ad altre persone ma stia a indicare invece il valore sociale fondamentale di questa istituzione». «Noi insistiamo sulla famiglia come soggetto sociale - gli fa eco il presidente del Forum delle famiglie, Francesco Belletti - e ci fondiamo sull’articolo 29 della Costituzione. Le altre sono libertà individuali che nulla hanno a che fare con la famiglia». Netto anche il giudizio di Marco Invernizzi, delegato di Alleanza Cattolica al Forum: «Il cardinale Bagnasco ha ripetuto ancora una volta che i principi non negoziabili sono il criterio dell’unità politica dei cattolici e delle loro scelte elettorali. Quello che va dicendo, e non da ieri, Gianfranco Fini sui temi etici non ci va bene». Infine, anche il segretario della Cei, Mariano Crociata, da Assisi ha detto che nel valutare le prese di posizione e iniziative del mondo politico «l’interesse maggiore» per i vescovi «è culturale» e sui valori.

08 novembre 2010

Il Papa sfida Zapatero sul matrimonio naturale


«L’uomo e la donna che si uniscono in matrimonio» vanno «sostenuti dallo Stato, la vita «inviolabile e sacra» dei figli va difesa «fin dal momento del concepimento». Servono «adeguate misure economiche e sociali» perché la donna possa trovare «la sua piena realizzazione in casa e al lavoro».
Dal cuore del Paese di José Luis Zapatero, di quella che Spagna che ha introdotto i matrimoni gay, il divorzio veloce e – da un anno – l’aborto per le minorenni senza la necessità del consenso dei genitori, Benedetto XVI fa sentire la voce della Chiesa. È un pronunciamento quasi obbligato, quello del Papa, che ieri, nella seconda e ultima giornata del suo viaggio, ha consacrato la cattedrale della Sagrada Familia progettata dall’architetto Antonio Gaudì, per il quale si è aperto il processo di beatificazione. Un’opera straordinaria, unica, ammirata dai visitatori di tutto il mondo, che da ieri è diventata una chiesa officiata a tutti gli effetti. Essendo dedicata alla sacra famiglia di Nazaret, ha offerto l’occasione a Ratzinger per ripetere, con parole gentili ma al tempo stesso inequivocabili, un appello per la difesa della famiglia e della vita, legando il perdurare di una «vera libertà» proprio all’esistenza dell’amore e della fedeltà.
Mentre la papamobile, stava arrivando alla Sagrada Familia, un gruppo di duecento gay e lesbiche hanno inscenato al suo passaggio una protesta, consistita in un «bacio collettivo» durato circa cinque minuti e scandito da slogan e invettive contro il Pontefice.Benedetto XVI è stato accolto davanti alla cattedrale in costruzione da 128 anni, dal re Juan Carlos di Borbone e dalla regina Sofia, con i quali si è brevemente intrattenuto prima dell’inizio della messa. Nell’omelia del rito di consacrazione della nuova chiesa, il Papa, ha ricordato che oggi «si è progredito enormemente in ambiti tecnici, sociali e culturali». Ma «non possiamo accontentarci di questi progressi». Con essi, ha detto ancora Ratzinger, «devono essere sempre presenti i progressi morali, come l’attenzione, la protezione e l’aiuto alla famiglia, poiché l’amore generoso e indissolubile di un uomo e una donna è il quadro efficace e il fondamento della vita umana nella sua gestazione, nella sua nascita, nella sua crescita e nel suo termine naturale».
«Solo laddove esistono l’amore e la fedeltà – ha ribadito il Papa – nasce e perdura la vera libertà. Perciò, la Chiesa invoca adeguate misure economiche e sociali affinché la donna possa trovare la sua piena realizzazione in casa e nel lavoro, affinché l’uomo e la donna che si uniscono in matrimonio e formano una famiglia siano decisamente sostenuti dallo Stato, affinché si difenda come sacra e inviolabile la vita dei figli dal momento del loro concepimento, affinché la natalità sia stimata, valorizzata e sostenuta sul piano giuridico, sociale e legislativo». «Per questo – ha concluso – la Chiesa si oppone a qualsiasi forma di negazione della vita umana e sostiene ciò che promuove l’ordine naturale nell’ambito dell’istituzione familiare». Il Papa è tornato a parlare della «dignità» e del «valore primordiale del matrimonio e della famiglia, speranza dell’umanità, nella quale la vita riceve accoglienza, dal suo concepimento fino al suo termine naturale», anche all’Angelus. Poi, nel pomeriggio, Benedetto XVI ha visitato l’Istituto «Obra Benéfico-Social del Nen Déu», istituto per bambini malati e bisognosi creato nel 1892 dalla beata Madre Carmen del Niño Jesús per accogliere e aiutare i bambini down. Da quando è stato introdotto l’aborto, nascono sempre meno bambini con questo handicap e oggi l’istituto aiuta anche piccoli con altri problemi. Nel suo discorso, il Papa ha invitato le autorità «a prodigarsi perché i più svantaggiati siano sempre raggiunti dai servizi sociali, e a coloro che sostengono con il loro generoso aiuto entità assistenziali di iniziativa privata, come questa scuola». E ha chiesto «che i nuovi sviluppi tecnologici nel campo medico non vadano mai a detrimento del rispetto per la vita e la dignità umana».All’aeroporto, prima di ripartire per Roma, il Papa ha incontrato brevemente il premier spagnolo Zapatero appena rientrato dall’Afghanistan. Al colloquio ha assistito il Segretario di Stato Tarcisio Bertone.

(di Andrea Tornielli- tratto da "Il Giornale")

03 novembre 2010

I cristiani e l'immigrazione




A me sembra che la situazione dell’Europa di oggi assomigli terribilmente a quella della fine dell’Impero romano. Una grandezza passata, circondata di rovine. Una civiltà si dissolve piano piano, senza neppure accorgersene. Si canta e si balla, come sul Titanic, senza comprendere cosa stia per accadere.
L’impero romano crollò anzitutto per motivi interni: la corruzione, la disgregazione familiare, l’aborto di massa che portò ad una crisi demografica devastante. Popoli senza terra si accorsero di poter entrare, come la lama nel burro, in un Impero senza popolo, che spesso era stato costretto a chiamarli per primo, avendo bisogno di braccia e di giovani soldati.
Nacque così il periodo più difficile del Medioevo, quello dei primi secoli dopo il 476 d.C: i germani erano veramente dei barbari, con usanze e costumi feroci. Praticavano la faida, l’ordalia, veneravano dei guerrieri, adoravano serpenti ed alberi, praticavano il sacrificio umano… Ad accoglierli, però, non ci fu soltanto un impero in decadenza: di fronte a sé i barbari trovarono anche la cultura latina e soprattutto, il cristianesimo in espansione. Successe così che i vinti riuscirono, con la loro superiorità, a conquistare piano piano, dopo anni e anni di asprezze, guerre, povertà, i vincitori. Col tempo, soprattutto grazie a papi, santi e ad alcune donne, come Clotilde e Teodolinda, i barbari si convertirono alla Chiesa e alla latinità.
Carlo Magno è un esempio di tutto ciò: figlio dei dominatori, rifondò l’Impero, dandogli anche una struttura culturale e religiosa. L’Europa dopo il Mille, quella delle cattedrali, dei Comuni, di Dante, di Giotto, delle università e degli ospedali, sorse dunque dopo secoli in cui una idea forte, quella cristiana, si era affermata e aveva permesso un lento amalgamarsi di popoli e di culture.
Ma oggi? Mentre gli italiani e gli europei non hanno più figli, mentre la famiglia occidentale vive una crisi terribile, popoli stranieri spingono sui confini, in cerca della nostra ricchezza, dietro la quale, però, non vi è più nulla. Di fronte a questa massa di immigrati che avanza vi sono varie posizioni possibili. Anzitutto c’è quella culturalmente dominante, sostenuta dalla sinistra.
Secondo questa visione l’immigrazione di massa è di per sé un bene: non bisogna allarmarsi, prendere provvedimenti di alcun genere. Nell’ideologia di sinistra, che odia la mentalità cristiana, tutte le altre culture sono ben accette e relativisticamente eguali. “Accogliere” significherebbe lavorare per la società multietnica, senza scorgere in essa alcuna problematicità. Questa visione è il cavallo di Troia dell’Europa: gli islamici di oggi, o gli slavi dei paesi ex comunisti, non sono fortunati come i Germani di un tempo. Di fronte a sé non trovano nulla, e certamente non saranno mai attratti dalla nostra cultura, così decadente e così priva di identità. In quanto nemica dell’identità storica e religiosa dell’Europa, la sinistra prepara un futuro di ghetti e di conflitti sociali, perché è impossibile che popoli tanto diversi, in un’epoca di migrazioni così imponenti, si possano incontrare in nome del niente. L’ideologia sinistra dell’eguaglianza, infatti, non fonda nulla: è la stessa che ha permesso a Stalin di sterminare i propri compatrioti russi, al cinese Mao i cinesi, a Pol Pot i suoi fratelli cambogiani…
La risposta cristiana al problema dell’immigrazione è assai diversa. Essa presuppone anzitutto uno sguardo realistico: occorre che lo Stato tuteli anzitutto i propri cittadini, e che non confonda l’accoglienza con la concessione di una licenza deprecabile. All’epoca dell’Impero in fiamme S.Agostino invitava gli africani del suo tempo ad accogliere coloro che scappavano dal nord dell’Impero, fraternamente. Chiedeva loro di essere fratelli dello straniero, chiedeva sacrifici materiali (che oggi non sappiamo più fare), ma non di sacrificare la propria fede e la propria cultura (cosa che oggi abbiamo già fatto). Agostino invitava a riconoscere in ogni uomo una creatura di Dio, dotata di anima immortale: è solo questo sguardo, infatti, non quello materialista di derivazione comunista o liberale, che può farci vedere uno straniero, anche importuno, non solo come un nemico.
Solo questo sguardo genera una accoglienza che non sia semplicemente un “entra pure, tanto il paese è grande e difficilmente toccherà a me occuparmi dei casi tuoi”, ma qualcosa di più profondo, e quindi di più veramente significativo. A me sembra che di fronte al dramma dell’immigrazione la Chiesa dovrebbe provvedere a nuovi missionari, che sappiano le lingue degli immigrati e che vadano loro incontro, per sovvenire ai loro bisogni materiali ma anche spirituali. Solo santi missionari possono essere oggi, come furono in passato, capaci di permettere che l’immigrazione di popoli diventi incontro e non solamente scontro. Se questa è la missione dei credenti, non deve però esserci nessun sovrapposizione tra la carità dei singoli e il ruolo dello Stato.
A Dio quel che è di Dio e a Cesare quel che è di Cesare, sostengono sempre, anche a sproposito, personalità di sinistra. Per cui la piantino di definire “anticristiani”, quando torna comodo, governi che semplicemente cercano di compiere il loro dovere, regolando un fenomeno, quello immigratorio, che di per sé è sempre drammatico, per chi arriva in una nuova terra, ma anche per chi accoglie. Il nemico più feroce dell’Europa, l’Attila di oggi: l’idea relativista e il mito multiculturale, cioè il principio secondo cui rinunciare a ciò che è per noi essenziale sia il presupposto per incontrare gli altri.

(di Francesco Agnoli- tratto da "Il Foglio" del 21/10/2010)

02 novembre 2010

Guerra ai cristiani




Anche se spesso buona parte dei media non ne dà adeguato risalto, perché intrisi delle logiche del «politicamente corretto», i cristiani nel mondo sono realmente vittima di persecuzioni e discriminazioni.
Ma per fortuna non tutti tacciono su questo fenomeno triste ed insieme degno di rilievo. Tra gli uomini più attivi e determinati nel denunciare questo stato di cose figura senz'altro l'europarlamentare del Pdl Mario Mauro, autore del bel nuovo saggio Guerra ai cristiani. Anche in qualità di rappresentante della presidenza dell'Osce (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa), l'alto esponente politico-istituzionale del movimento di Berlusconi si sta spendendo da anni per la difesa dei diritti umani, e portano la sua firma le due risoluzioni del Parlamento europeo in cui si prende atto e si condanna la situazione persecutoria nei confronti dei cristiani nel mondo. E' proprio il cristianesimo quello che è preso di mira più di tutte le altre confessioni religiose. L'associazione Aiuto alla Chiesa che soffre, nei suoi ultimi rapporti, ha dimostrato come il 75% delle discriminazioni a base religiosa nel mondo sino proprio a danno dei cristiani. E l'agenzia Fides riporta che ci sono stati solo l'anno scorso ben 37 omicidi sulla base del mero odio anticristiano.
Sembra che non ci sia zona del globo terrestre in cui si risparmino i cristiani da attacchi, violenze, soprusi e vessazioni. Il fondamentalismo islamista in molti paesi arabi africani e del Medio Oriente asiatico ed il totalitarismo politico di matrice comunista in alcune aree dell'Estremo Oriente, non stanno lasciando scampo a persone e gruppi che intendono in qualche modo rendere una testimonianza pubblica e/o culturale della loro fede cristiana. Dalle vere e proprie crocifissioni in Sudan alla legge pakistana sulla blasfemia, dalla tendenza dell'amministrazione pubblica egiziana ad «islamizzare» i cittadini fin nei loro documenti d'identità agli arresti e torture in Iran, è evidente come l'islamismo radicale stia facendo di tutto per annientare la presenza cristiana in quei luoghi. La proposta culturale cristiana viene strumentalmente ed ingiustamente bollata come uno sfregio ed un oltraggio ad Allah ed alla religione maomettana, che si vuole appunto egemone e dominante. Chiese e villaggi bruciati e distrutti ci sono anche in India, in cui si contano anche atroci casi di cristiani arsi vivi. I cristiani vengono messi ai margini anche nell'isola di Cipro, dove l'occupazione turca ha provato già in passato a cancellare molti simboli e luoghi sacri. I cristiani devono porre massima attenzione alle attività che svolgono anche nella più «laica» Turchia. Nel Medio Oriente, come in Iraq, si attuano strategie per incrementare l'esodo dei cristiani dalla Terra Santa. Per non parlare dell'Estremo Oriente, della Cina ad esempio, dove i cattolici fedeli al pontefice romano sono perseguitati dalle forze dell'ordine statali e tendono ad essere qualificati come «agenti al servizio di una potenza straniera», e dunque si trovano a far parte della chiesa «sotterranea e clandestina», mentre quella «ufficiale» deve coercitivamente fare riferimento, più che al papa, al Partito comunista cinese.
Sempre in merito all'ostilità al cristianesimo, all'islamismo ed al comunismo presenti soprattutto in Africa ed Asia fa da complemento il relativismo laicista del continente europeo. Quella che va per la maggiore sembra essere una certa corrente neoilluministica, per cui vengono visti con diffidenza, quando non con disprezzo, i corpi intermedi naturali tra l'individuo e lo stato, mentre la religione (anzitutto quella cattolica) deve essere relegata nell'ambito strettamente individuale e privato, e non deve avere rilievo pubblico ed «influenzare» le scelte culturali e politiche. L'uomo è, invece, ontologicamente portato a cercare un significato ed un senso ultimo alla propria vita. E ciò non può non avere ripercussioni ed un rilievo nella società e di conseguenza nella cultura e nella politica.
Termini come pari opportunità, uguaglianza, democrazia, laicità, diritti e principio di «non discriminazione» subiscono una strumentalizzazione e servono in realtà a coprire un approccio ed atteggiamento delle istituzioni comunitarie e di forze politiche soprattutto di sinistra improntato all'indifferentismo religioso ed al nichilismo. Si ostacolano e marginalizzano politiche per la difesa della vita dal concepimento al suo termine naturale e per la promozione della famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna, e s'incentivano, al contrario, misure atte a favorire le unioni omosessuali con relative adozioni di bambini, l'aborto come contraccettivo, l'eugenetica come segno di «salute riproduttiva», ore di etica ed educazione alla cittadinanza al posto dell'ora di religione cattolica nelle scuole. E' poi da ricordare come la sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo abbia condannato l'Italia per la presenza per via legislativa del crocifisso nelle aule scolastiche. Ma il calo demografico ed il crollo dei matrimoni non sono che l'altra faccia della medaglia dell'attuale situazione di crisi e declino del Vecchio Continente, dove l'aborto è diventato statisticamente la più grande causa di mortalità.
Insomma, occorre fronteggiare il relativismo ed il fondamentalismo, e procedere alla difesa e promozione del cristianesimo, perché laddove c'è la presenza cristiana nella società si sviluppano anche la dimensione comunitaria (anche di opere ed imprese), la laicità delle istituzioni, una legislazione più rispettosa del diritto naturale, un allargamento della ragione ed una più autentica promozione della dignità della persona, dei diritti umani e della libertà. Ed è certamente a partire dall'Italia e dall'Europa che si deve condurre una proposta ed azione politica e culturale volta a difendere le nostre radici cristiane e la libertà religiosa. E da qui sviluppare anzitutto una cultura ed al contempo una politica mirate ad incentivare la natalità, la famiglia formata dall'unione stabile tra un uomo ed una donna aperti alla vita ed educazione dei figli, la solidarietà, lo sviluppo socio-economico, la pace, la giustizia e la libertà.

(di Mario Secomandi- dal sito "Ragionpolitica.it")

01 novembre 2010

L'immigrazione, il Papa e i titoli dei giornali

I grandi giornali generalisti sono diventati mastodontici anche se, dalle ricerche che essi stessi hanno ripetutamente commissionato, si apprende che il tempo medio che il lettore tipo dedica alla lettura dei quotidiani è di 13 minuti al giorno.
Ciò vuol dire che i grandi giornali vengono letti soprattutto per titoli. Un tempo si diceva (celiando, ma fino a un certo punto) che l'articolo rappresenta ciò che vuol dire il giornalista mentre il titolo rappresenta ciò che vuol dire il direttore. Non sempre ciò è vero. Ma spesso è così. È grazie anche a questo meccanismo che i grandi giornali politicamente orientati possono permettersi di dare tutte le notizie, anche quelle che danno a loro molto fastidio, confondendole nei loro pezzi cercando solo di non evidenziarle nel titolo. Si attua così una pesante censura, nella sostanza, anche se non la si esercita formalmente. Spesso, però, la manipolazione è molto più grossolana dato che, nel titolo, viene addirittura espressa una verità che è in contrasto con ciò che c'è scritto nel pezzo. Per dimostrare questo approccio, che è concretamente devastante sul piano della corretta informazione e, in definitiva, anche dell'autorevolezza della testata, prendo il titolo che ieri ha fatto un grande giornale che, di solito, tra l'altro, è fra i più equilibrati e pluralisti. Non cito la testata perché non voglio fare una polemica contro questa testata ma contro questo tipo di giornalismo che si sta purtroppo generalizzando e che sembra impeccabile nella superficie, ma che, nella sostanza, è devastantemente fuorviante. Il giornale di ieri titolava così: «Il Papa: emigrare è un diritto». Da questo titolo si desume che il Papa è uno di quei forsennati che vorrebbero abolire i confini dei paesi e abbattere le frontiere per dare ospitalità a tutti coloro che vogliono entrare in un paese (purché, pare di capire, si sistemino poi in qualche bidonville lontana dalla sua abitazione). Chi avesse la pazienza di arrivare alla settantesima riga di un pezzo che, complessivamente, è di 90 righe, scoprirebbe che Papa Benedetto XVI ha detto tutt'altra cosa. Dallo stesso giornale si apprende infatti che il Pontefice ha detto: «Gli Stati hanno il diritto di regolare i flussi migratori e difendere le loro frontiere, sempre assicurando il rispetto dovuto alla dignità di ciascuna persona umana». Non contento di ciò, il Papa ha poi addirittura aggiunto che gli immigrati stessi «hanno il dovere di integrarsi nel Paese di accoglienza, rispettandone le leggi e l'identità nazionale». Giusto l'opposto di: «Emigrare è un diritto».
(di Pierluigi Magnaschi- tratto da "ItaliaOggi" del 28/10/2010)