12 ottobre 2010

Europa, un revival cristiano?


A metà maggio papa Benedetto XVI ha compiuto un pellegrinaggio apostolico in Portogallo: mezzo milione di persone hanno preso parte alla messa papale tenutasi all’aperto a Fatima. Una volta tornato a Roma il Papa, duecentomila pellegrini hanno invaso piazza San Pietro per la recita del Regina Coeli da parte di Benedetto XVI, dimostrando il loro appoggio ad un pontefice assediato da mesi dalle critiche su sacerdoti colpevoli di abusi verso minori e vescovi irresponsabili. Una settimana dopo si è conclusa l’esposizione ­durata 44 giorni - della Sindone di Torino nella cattedrale di questa città dell’Italia settentrionale. Nel corso di queste sole 6 settimane, qualcosa come 2 milioni di persone hanno affrontato lunghe file per passare pochi, brevi istanti di fronte a quello che alcuni credono essere stato il lenzuolo funebre di Cristo. Per non parlare dell’ultimo viaggio in Inghilterra...
Messaggio ai vari Mark Twain: sono state troppo 'gonfiate' le inchieste sulla morte del cristianesimo in Europa? È una domanda semplice, e visto che sono stato uno di quelli che ha suonato il campanello di allarme sulla crisi europea in termini di civiltà morale con la pubblicazione del mio Il Cubo e la Cattedrale, mi sento obbligato a cercare una risposta. Che è questa: è troppo presto per dirlo.

Il grande afflusso di pellegrini a Fatima o i numeri straordinari di quanti sono venuti a vedere la Sindone: tutti questi sono segni incoraggianti. Come lo è l’intensa pietà popolare che continua ad essere evidente in Polonia, soprattutto di recente, in occasione della tragica morte di alcuni leader di quella nazione nell’incidente aereo dello scorso aprile, quando si stavano recando nei luoghi delle fosse comuni di Katyn.
Inoltre, in un senso paradossale, vale lo stesso per i virulenti attacchi rivolti alla Chiesa e al Papa negli ultimi mesi. Nessuno spende energie per rimproverare un’istituzione considerata moribonda ed un anziano di 83 anni ritenuto irrilevante; questi stessi attacchi sono l’evidenza che la fede cristiana - e la Chiesa cattolica - rimangono fattori rilevanti nella cultura europea e nella vita pubblica europea.

Inoltre, se la Giornata mondiale della gioventù, che si terrà a Madrid il prossimo agosto, arriverà ad ospitare un milione o più di giovani pellegrini, come sembra possibile, essa risulterà una sfida lanciata al governo spagnolo iper-laicista di Zapatero e ai figli dell’Europa anni Sessanta, che possono tollerare il cristianesimo come una scelta di vita personale (sebbene la considerino decisamente bizzarra), ma sono gli stessi che insistono sul fatto che la società europea del XXI secolo deve essere liberata da ogni argomento morale religiosamente ispirato.
Ma l’elemento decisivo in tutto questo, comunque, è se questa pubblica dimostrazione di convinzione e pietà cristiana diventerà un elemento di trasformazione della cultura, in maniera da essere capace di esercitare un movimento nella sfera pubblica. E non è semplice vedere qualcosa del genere succedere in Europa. Il cattolicesimo europeo ha poco delle infrastrutture messe in campo negli Stati Uniti negli ultimi decenni in vista di tale 'guerra culturale'. Faccio un esempio: in Europa non vi è niente di simile alla rivista First Things e al suo insieme di scrittori, i cui saggi e articoli richiedono attenzione da parte di funzionari pubblici, docenti universitari, media, e altri opinion makers. Esercitare questo tipo di movimento culturale richiede un duro lavoro e anche risorse. Soprattutto, comunque, domanda una massa critica di discepoli radicalmente convertiti al cristianesimo che sono passati attraverso momenti come quelli di padre Robert Barron, un prete di Chicago che vive a Torino. Il quale scrive: «Devo ammettere che questa (l’esposizione della Sindone, ndr) è stata una delle esperienze religiose più straordinarie della mia vita. I segni sulla Sindone ­ comprese le macchie di sangue ­ sono chiaramente visibili, cosa che significa che la brutale realtà della Passione è chiaramente visibile. Fissando la Sindone sono stato realmente portato indietro in quella squallida, piccola collina fuori dalle mura di Gerusalemme nell’anno 30 quando un giovane uomo venne torturato a morte.
Mi compare davanti il volto di quella figura: quel volto pacifico, nobile, strano, ammaliante, che dischiudeva, allo stesso tempo, la profondità della miseria umana e la pienezza della misericordia divina. Nel volto del Dio crocifisso si dischiude l’intero dramma e tutta la poesia della fede cristiana, la Risposta che è nient’altro che una risposta facile, la Parola che sorpassa la parola di ogni filosofo …».

(di George Weigel- tratto da "Avvenire")

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