29 settembre 2010

Manuale di voto per i politici cattolici: no a chi sostiene coppie gay e aborto

«Tra un partito che contemplasse nel suo programma la difesa della famiglia fondata sul matrimonio e il cui segretario fosse separato dalla moglie e un partito che contemplasse nel programma il riconoscimento delle coppie di fatto e il cui segretario fosse regolarmente sposato, la preferenza andrebbe al primo partito». Non ha dubbi l’arcivescovo di Trieste Gianpaolo Crepaldi, già segretario del Pontificio consiglio per la Giustizia e la Pace, autore di un libro destinato a far discutere: Il cattolico in politica. Manuale per la ripresa (Cantagalli editore, 236 pagine, 14,50 euro).

Si tratta di un vero e proprio manuale, dedicato proprio ai politici cattolici e ai cattolici che intendono candidarsi a ogni livello. Un libro scritto per iniziare a realizzare il «sogno» di una rinnovata presenza cristiana in politica, come ricorda nella prefazione il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, definendo «utile» e «tempestivo» il manuale, perché «coglie un bisogno reale» e afferma «alcune verità della vita del politico che spesso vengono invece stemperate».
L’arcivescovo di Trieste, esperto di dottrina sociale della Chiesa, ritiene che dopo il tempo della resistenza, quello degli anni Sessanta e Settanta, «durante i quali la laicità della modernità ha lanciato verso la Chiesa e i cattolici una violenta guerra culturale», e dopo il tempo dell’attesa, sia ora il tempo della «ripresa». Nel manuale sono passati in rassegna in modo sintetico e incisivo i criteri che stanno alla base dell’agire politico dei cattolici: la dottrina sociale della Chiesa tra fede e ragione, i suoi principi, la laicità della politica, la coscienza del cattolico in politica e i principi non negoziabili. Quindi si specificano i contenuti: la difesa della vita, la protezione e valorizzazione della famiglia, la libertà di educazione, il diritto alla libertà religiosa, il lavoro e «la lotta sussidiaria alla povertà», la riforma dello Stato, l’immigrazione, l’ambiente, l’identità europea.
Centrale è il richiamo alla coscienza e alla sua libertà, invocata talvolta da politici cristiani per rivendicare decisioni in contrasto con l’insegnamento della Chiesa. L’arcivescovo spiega che quando nell’azione politica ci si trova di fronte «a scelte che implicano anche delle azioni moralmente inammissibili», come ad esempio il «riconoscimento per legge del diritto ad abortire, o delle leggi che permettono il sacrificio di embrioni umani, oppure quelle che legalizzano l’eutanasia» o riconoscono le coppie gay, il cattolico «non può dare il proprio assenso». Allo stesso modo, continua il manuale, anche il cittadino non dovrebbe dare il proprio voto a partiti che contemplino nei loro programmi queste posizioni. Crepaldi non si nasconde come dietro la «diaspora» dei cattolici in politica vi sia «soprattutto una carenza di tipo dottrinale». «Significa – aggiunge – che la dottrina della Chiesa non è convenientemente promossa e recepita, che i pastori non vengono adeguatamente accostati, che i teologi non operano tenendo conto della loro funzione ecclesiale, che le università cattoliche non producono una coerente cultura cattolica, che le librerie cattoliche non fanno il loro dovere di evangelizzazione».
Infine, un esempio che ben si attaglia alla realtà politica italiana: tra il partito che nel programma difenda la famiglia fondata sul matrimonio avendo un leader separato dalla moglie, e un partito che ha nel suo programma il riconoscimento delle coppie gay, avendo un leader regolarmente sposato, «la preferenza andrebbe al primo partito». «È infatti più grave – conclude Crepaldi – la presenza di principi non accettabili nel programma che non nella pratica di qualche militante, in quanto il programma è strategico ed ha un chiaro valore di cambiamento politico della realtà più che le incoerenze personali.

(di Andrea Tornielli- tratto da "Il Giornale" del 24/09/2010)

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