06 settembre 2010

La vera unicità di Guareschi? La Voce del Cristo


Il 'Mondo piccolo' sembra avere omologhi nel mondo grande.
Non è di oggi la notizia che qualche affezionato lettore di Giovannino Guareschi ritrovi in qualche film o romanzo, affinità elettive con i personaggi di don Camillo e Peppone. Era già accaduto quando Giovannino, scontata la condanna per la pubblicazione delle lettere di De Gasperi su Candido, nell’attesa di finire i sei mesi di libertà vigilata nella casa di Roncole, viene attaccato dalla stampa il 10 gennaio del 1956. Paese Sera scrive: «Secondo il quotidiano austriaco Neues Oesterreich, Guareschi ha copiato don Camillo e Peppone». E nel sommario: «I due personaggi - a quanto afferma il quotidiano­ risalgono ad un libro uscito più di 25 anni or sono nella Stiria, autrice una signora di Graz, Hélène Haluschka». L’attacco a Guareschi in quel caso è mirato a distruggere la sua credibilità. Pubblica lettere false su Candido così come pubblica romanzi copiati. Valsero a poco le smentite della diretta interessata: molti giornali non le pubblicarono nemmeno. E’ di tutt’altro tono, invece, la notizia entusiasta di Fulvio Fulvi, pubblicata all’interno dell’inserto, che ritrova nei romanzi dello scrittore francese Gabriel Chevallier una sicura fonte d’ispirazione per Guareschi. La notizia ci rallegra, ma ci sono diverse ragioni non solo stilistiche che dimostrano come sia difficile pensare ad una filiazione diretta dei personaggi di Guareschi dall’autore francese.
La genesi della nascita del 'Mondo Piccolo' e dei personaggi di Giovannino è complessa. Prima nasce Peppone, molti mesi prima di don Camillo, nei tre racconti usciti su Candido sotto il titolo di 'Gazzettino di Roccapezza'. Qui il prete si chiama don Patirai, e non è ancora don Camillo. Il paese è in montagna e non è la Bassa. Quei racconti escono nel maggio del 1946 ma solo alla vigilia di Natale dello stesso anno nasce don Camillo. Guareschi ha capito quello che vuol fare ma non l’ha ancora bene a fuoco dal punto di vista narrativo. E questo dimostra come sia difficile pensare che Guareschi attinga da una saga precedente già ben collaudata.
Ma c’è un elemento che contraddistingue Guareschi dalle sue possibili fonti: il Cristo. La figura del Cristo è tutta di Giovannino.
Quella è la genialata, non solo letteraria, che lo ha portato in tutto il mondo e continua a renderlo attuale. Quel Cristo straordinario che parla bonario e misericordioso alla sua gente, capace però anche di baratri di silenzio con il suo amato don Camillo, è il vero 'deus ex machina' dei racconti di Giovannino. E’ il Cristo che parla, autorevole e comprensivo, unico esempio geniale nel secolo nietzschiano della morte Dio, la vera invenzione di Guareschi. Senza il Cristo anche le altre figure di Peppone e don Camillo perdono luce. La voce del Cristo, che parla attraverso la coscienza di Guareschi, è un invito per tutti i cristiani, e non solo, a riflettere sul ritrovare la voce di Dio nella parte più sacra della nostra interiorità. La nostra voce più profonda che ci parla nella verità della coscienza. E poi la religiosità unica e irripetibile di Guareschi, come ha dimostrato Giovanni Lugaresi nel suo libro Guareschi, Fede e libertà (Mup editore), è assente nelle altre fonti.

(di Guido Conti- tratto da Avvenire del 05/09/2010)

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