25 ottobre 2007

Benedetto XVI iscritto a Rifondazione Comunista??

Il Santo Padre, in un intervento scritto per l’inaugurazione della Settimana Sociale delle Comunità Cristiane accenna al problema del lavoro precario e subito, stampa e sinistra politica, lo paragona ad un Bertinotti qualsiasi. Brutto vizio quello di estrapolare frasi, censurando tutto il resto. Fabio Cavallari, giornalista di Tempi ed attento osservatore di tutto ciò che si muove nel mondo della sinistra, intervistato da Radioformigoni, esprime questo parere.

Benedetto XVI iscritto d’ufficio a Rifondazione Comunista?

Di fronte a quanto ha detto la stampa o alcuni sindacalisti mi sono semplicemente messo a ridere e spiego il perché. In questo ultimo periodo, ogni qual volta la Chiesa ha espresso il suo pensiero attraverso Benedetto XVI o attraverso un Vescovo o un Cardinale, immediatamente si è detto: questa è ingerenza nello Stato laico; la Chiesa parla degli uomini, quindi parla della vita e della morte; e ogni qual volta si è gridato all’ingerenza. Allora io credo che non si possa oggi, perché qualche dichiarazione possa far comodo, applaudire in questa maniera; perché è chiaro, è evidente che è strumentale.

Allora c’è una questione probabilmente di metodo: se si ritiene che le parole di Benedetto XVI possano essere d’aiuto, lo possono essere sempre, e questo perchè si ritiene che il cristianesimo è cultura identitaria e quindi la Chiesa diventa un interlocutore. Poi lo Stato, giustamente, agirà autonomamente. Ma è un interlocutore sempre e non soltanto in alcuni casi..

La seconda cosa per cui ho riso è perché in quel discorso ovviamente si parlava della precarietà, ma si parlava anche della famiglia, della famiglia costituita da un uomo e da una donna attraverso il matrimonio. Di questo i commentatori non hanno fatto cenno e, quello che mi fa ridere, è che oggi chi critica la precarietà, io dico anche con elementi di verità e con una critica anche positiva, giusta, sono gli stessi che possiamo chiamare gli sponsor ufficiali, di quella precarietà che non è quella che riguarda il lavoro ma è quella che riguarda i rapporti affettivi, che è quella che riguarda la famiglia; sono gli sponsor ufficiali della precarietà affettiva.

Allora io credo che la precarietà, se è un male o comunque se è qualcosa da indagare, è da indagare non solo quando si parla della precarietà lavorativa ma in tutti gli altri campi che a volte creano maggior problemi ancora.


Lei Cavallari è critico verso le posizioni che la sinistra, sinistra, ha sul tema del precariato, però è altrettanto critico, mi sembra, anche sulla posizione che vede la flessibilità come una manna senza alternative.

Certo, io penso che entrambe le posizioni, quella ferocemente critica e quella in altra maniera esultante al cospetto della flessibilità, siano entrambe non produttive, perché il punto essenziale su cui sarebbe importante iniziare a dialogare è sul concetto di lavoro e su quello che c’è all’interno del lavoro, l’opera, l’azione che c’è all’interno del lavoro, perché la precarietà a vita sicuramente non è possibile, ma non è possibile neppure pensare che la flessibilità, diversa cosa dalla precarietà, sia dannosa in se stessa. Il punto da affrontare a sinistra, e non solo, sarebbe il lavoro, il concetto stesso di lavoro umano. Allora forse se riuscissimo a fare una discussione di questo tipo probabilmente riusciremmo a sciogliere anche tanti punti interrogativi e tante feroci critiche, cosa che finora non si riesce a fare.

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